Uso dell’articolo determinativo per l’indeterminativo
Un’altra singolarità del barese è che in dialetto usa spesso il determinativo per l’indeterminativo come nelle seguenti frasi: “Sanda Necòle, iàlze (la) mana tò” (San Nicola alza la tua mano), come se n’avèsse una sola: “màgghi-a accattà (u) palàzze” (mi comprerò (il) palazzo) invece di (un); “s’ha rrutte u vrazze” (si è rotto il braccio) al posto di (un) braccio. Degno di nota è l’uso dell’articolo determinativo come rafforzativo pleonastico, ad esempio, davanti agli aggettivi dimostrativi: “cudde, chèdde”.
Es.: “iè (u) cudde ca vènne le castàgne” (lett: è (il) quello che vende le castagne); “iè (la) chèdde de l’ùmmete” (è, a causa dell’umidità).
Va rimarcato che il Barese ricava dall’uso del determinativo per l’indeterminativo, una particolare efficacia espressiva in determinati momenti della conversazione, al pari dell’italiano, così come usa l’indeterminativo per il determinativo: ‘si vedeva un mare calmo’, al posto di ‘si vedeva il mare calmo’; “stà (nu) sole iòsce!” (c’è un sole oggi!); “stà (na) lune stasère!” (c’è una luna stasera!).
Questa forma dell’italiano, un po’ illogica, è usata anche nel dialetto barese: “cuss’òre iè (u) mì” (lett. quest’oro è (il) mio).
L’articolo (u) non viene richiesto se segue il sostantivo: “cusse iè iòre mì” (questo è oro mio), dove “mì” ha funzione di aggettivo possessivo. Il sostantivo fa “u mmì” (il mio) con due ‘emme’. Anche in caso di pronome possessivo, l’ (u) è richiesto in questa speciale costruzione: “u u-òre mì e u tu” (l’oro mio e il tuo); “u cappòtte tu iè bbèlle come u mì” o come “o mì” (il cappotto tuo è bello come (quanto) il mio).
Gli articoli indeterminativi
Gli articoli indeterminativi sono al singolare maschile «nu» (un, uno): “nu dìscete” (un dito); “nu spacche” (uno spacco); “nu pìcche de sale” (un poco di sale); ecc.
Al femminile singolare si usa con un solo articolo «na» (una): “na sègge” (una sedia); “na stòrie” (una storia); “na rose” (una rosa); ecc.
Quando «nu» e «na» precedono un nome che inizia per vocale, subiscono l’elisione di “u” e “a”: “n’assassìne” (un assassino); “n’òre” (un’ora); “n’armàdie” (un armadio). Se, «nu» e «na», precedono nomi al singolare maschili e femminili, che cominciano con vocale etimologica in funzione semiconsonantica, non si elidono: “nu uardaspàlle” (uno sciallino, una guardia del corpo); “na ièttatùre” (una iettatura).
«Nu» e «na», si usano anche per dare segno di rilievo all’oggetto: “tènghe na fame” (ho una fame -da lupo-); “tènghe nu delòre de dènde” (ho un -tremendo- dolor di dente).
La regola del modello di scrittura ha evidenziato che l’articolo indeterminativo singolare maschile «nu» si scrive sempre senz’accento, per distinguerlo dal pronome plurale di prima persona «nù» (noi): “nù velìme mangià” (noi vogliamo mangiare).
Articoli partitivo
L’articolo partitivo dell’italiano, generalmente, non s’identifica con quello barese.
Es.: Dammi dell’acqua!, il barese dirà: “damme l’àcque!”; “da chèdda cemenère ièsse (u) fume” (da quella ciminiera esce (del)fumo); “da la sgarràsse trase (u) vìinde” (dalla fessura entra (del) vento); “m’abbesògne (la) farìne” (mi serve (della) farina).
Il determinativo, quindi si usa come partitivo, mentre in alcuni plurali, viene sostituito dal termine “cèrte” (certo), in altri plurali, invece, il partitivo si può ottenere, non usando “cèrte”: “u àgghie vìste spasseggià che ccèrte crestiàne de nudde” (l’ho visto passeggiare con delle persone di poco conto); “u àve recevùte che ccèrte paròle” (l’ha accolto con delle brutte parole) oppure “nge ha dditte bbrutte paròle” (gli ha detto brutte parole). Nel precedente esempio abbiamo il senso partitivo con il non uso del determinativo e il non uso di “cèrte”.