Francesco Martino

Francesco Martino

Francesco Martino, una delle figure mitiche della ginnastica italiana, fu il primo atleta barese ad aggiudicarsi due ori alle olimpiadi di Parigi del 1924. Nacque a Bari il 13 luglio 1900. Sin da ragazzino frequentò la «Società Ginnastica Angiulli» dove assiduamente, ogni giorno, si allenò nella palestra, insieme ai fratelli maggiori Angelo e Raffaele. Francesco, chiamato più confidenzialmente dagli amici “Ciccio”, nonostante avesse nove anni e, non potendo prendere parte ufficialmente all’attività agonistica, si sbizzarrì in alcuni difficili esercizi che attirarono l’attenzione dei dirigenti dell’epoca, i quali, rimasero di stucco a vederlo nella sua compostezza dello stile e per la spontaneità dei movimenti. Si capì subito che era nato con il dono del campione. Rapidissima fu l’ascesa, a dodici anni partecipò con la squadra allievi dell’Angiulli ai concorsi di Torino e di Genova che costituirono la maggiore rassegna sportiva del tempo. Già due anni dopo, nel 1914, Martino conobbe il clima internazionale dove diede un contributo notevole consentendo alla sua Società di meritare il 1° premio in un concorso di considerevole importanza. Nel 1915 fu campione pugliese di ginnastica artistica.

Gli anni che seguirono furono tristi, a causa dello scoppio della 1ª guerra mondiale e, “Ciccio”, sospendendo l’attività sportiva, pur se ancora giovanissimo, non fu insensibile ai doveri d’italiano e si arruolò volontario nella Marina, facendo parte, come sommergibilista, della gloriosa flottiglia dei «MAS» guadagnandosi una medaglia al merito nella memorabile impresa dei Dardanelli.

Cessato il gran conflitto bellico e, dopo essere stato in missione nel Mar Nero, nel 1920, si svestì della divisa azzurra di marinaio e tornò a Bari alla sua “Angiulli”. Dette così il via al 2° ciclo delle sue spettacolose ed infiammanti vittorie a cominciare dai concorsi militari di Bari del 1921 e 1922, sempre nella ginnastica artistica, per finire all’epopea parigina, attraverso tutta una gamma d’affermazioni a Trieste, a Zara e a Milano. Purtroppo, il 25 e 26 agosto del 1923, in occasione di una gara preolimpionica, tenutasi a Milano, Ciccio Martino fu vittima di un pauroso e grave infortunio cadendo dagli anelli a causa del cedimento delle funi di sostegno che tenevano i cerchi di legno. Si temette seriamente la sua partecipazione alle Olimpiade del1924 essendosi infortunato gravemente alla spalla e alle gambe. Grazie però al suo temperamento e alla forza di volontà, non volle perdere la grande occasione che gli si presentava dopo anni intensi d’allenamenti e di sacrifici. Superò la crisi e seppe tornare con prontezza nel pieno dei suoi mezzi e della propria forma trovandosi puntuale a partecipare con tutta la squadra azzurra di ginnastica, alla 7ª Olimpiade che si svolse a Parigi nel luglio 1924. L’Italia fu prima nella gara collettiva comprendente 10 prove (4 esercizi obbligatori, 4 esercizi liberi, la salita alla fune e il salto del cavallo in lungo) grazie a lui. Nella prova individuale, Martino si superò aggiudicandosi la 2ª medaglia d’oro sbalordendo tutti nell’esercizio obbligatorio agli anelli, meritando il punteggio di “10,72” e, nell’esercizio libero, ottenne addirittura “10,83”.
Punteggi molto alti a quei tempi, considerati tuttora un limite record ad onore della ginnastica italiana, per una figura impeccabile agli anelli – il cosiddetto “Cristo” -, dove l’ammirazione incondizionata dei giudici, dei tecnici e dei cinquanta mila spettatori allo stadio di «Colombés» andarono in visibilio, applaudendo incessantemente l’eccezionale atleta barese. Da quella super statica figura agli anelli, nella posizione a “Croce”, rimase immobile per più di un minuto, d’allora nessun altro atleta ha mai più eguagliato né nel tempo, né nello stile. Per quel “Cristo”, prese avvio la leggenda di Francesco Martino, un racconto che seppe tanto di romanticismo del quale fu impareggiabile protagonista il nostro campione, perché quelle due medaglie d’oro vinte in una importante competizione sportiva a livello mondiale, nel momento di salire sul podio e vedere per due volte la bandiera sventolare sul più alto pennone dell’Olimpiade, sentì di aver raggiunto finalmente lo scopo della sua vita ovvero, la leale sfida con se stesso nel puntare il più alto possibile dopo anni di non lievi sacrifici, di dedizione e di genuina passione missionaria per lo sport puro, senza fini di lucro. «Fu una giornata indimenticabile», disse confidandosi con lo storico, demologo e dialettologo barese Alfredo Giovine in una conversazione amichevole, «Al centro del tricolore, quando saliva lentamente accompagnata dalla marcia reale, io avevo gli occhi lucidi non soltanto per il momento felice, per il giorno più bello della mia vita, ma perché era il solo a vedere al centro di quella bandiera il caro nome della mia “Bari”. In quei pochi attimi mi passò velocemente nella mente l’opera svolta umilmente dai dirigenti e da tutti i soci dell’Angiulli, per emergere e dare lustro alla nostra città e allo sport per lo sport. Per lunghi anni, silenziosamente e con tanta abnegazione, alle attrezzature moderne ed a tante difficoltà sopperimmo con silenziosa determinazione per voler essere “qualcuno” ed inserire la nostra Bari fra le città sportive più evolute. Molti altri atleti meritevoli di notevoli piazzamenti non sono stati baciati dalla fortuna come è stato riservato a me, ma per passione, per attaccamento all’Angiulli siamo stati tutti legati ai nostri colori con la stessa fede. Sono certo che il mio caso non rimarrà isolato. E la nostra Bari avrà a che gloriarsene». Martino, grazie alle medaglie d’oro, ebbe un altro premio per la sua vita privata. Fu assunto come dipendente all’«Ente Autonomo Acquedotto Pugliese». Un semplice ma giusto riconoscimento per quell’epoca, che Bari offrì a un campione olimpionico della sua Terra. Il “CONI”, prima della sua morte, avvenuta il 10 ottobre 1965, gli assegnò una medaglia d’oro al merito sportivo. Francesco Martino, morì all’età di sessantacinque anni in silenzio, così come aveva sempre vissuto. Un male, soffriva d’asma, lo aveva per lungo tempo costretto a ridurre ogni sua attività. La cittadinanza gli ha intitolato una stradina nei pressi dello «Stadio della Vittoria» (fra i campi di tennis e le piscine comunali) e l’ex palestra «GIL» in Via Napoli angolo Via Anita Garibaldi.
Ancora oggi, l’olimpionico Martino è uno dei fiori all’occhiello dello sport barese.